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06/06/2018 CENSIS-RBM, NEL 2017 SPESA SANITARIA PRIVATA A 40 MILIARDI DI EURO

Sale a 40 miliardi la spesa sanitaria privata, che dal 2013 al 2017 è aumentata del 9,6% in termini reali, molto più dei consumi complessivi (+5,3%). Nell’ultimo anno sono stati 44 milioni (rispetto ai 36 di due anni fa) gli italiani che hanno speso soldi di tasca propria per pagare prestazioni sanitarie per intero, o in parte con il ticket. È lo scenario delineato oggi a Roma al Welfare day promosso da Rbm assicurazione salute, e intitolato quest’anno “La Salute è un diritto. Di tutti”.

I dati dell’Ottavo Rapporto Censis – Rbm sulla Sanità pubblica, privata e intermediata, presentato durante la giornata, mostrano come la sanità privata colpisca maggiormente i redditi medio bassi, i malati (in particolare i cronici), gli anziani (soprattutto i non autosufficienti) e sia una costante di tutte le famiglie italiane da Nord a Sud.

Queste condizioni aumentano la percezione d’iniquità e sono destinate a peggiorare: secondo le stime della Ragioneria generale dello Stato, di qui a 7 anni saranno necessari dai 20 ai 30 miliardi di euro aggiuntivi per finanziare un Sistema sanitario gravato dalle sfide demografiche e stretto da mutamenti economici e sociali.

“Se non si avvierà anche nel nostro Paese un Secondo pilastro attraverso un sistema di polizze e fondi sanitari aperti a tutti”, spiega Marco Vecchietti, Amministratore delegato di Rbm, “il costo delle cure che i cittadini dovranno pagare di tasca propria finirà per raggiungere nel 2025 quasi 1.000 euro a testa”.

Nel 2017 sono state 150 milioni le prestazioni sanitarie pagate di tasca propria dagli italiani (ovvero erogate al di fuori del Servizio sanitario nazionale), per una spesa complessiva di 39,7 miliardi di euro. Il fenomeno, in costante espansione (+9,6% tra 2013 e 2017), ha riguardato più di due italiani su tre (oltre 44,1 milioni di persone), con un esborso medio di circa 655 euro per cittadino. In particolare, sette cittadini su dieci hanno acquistato farmaci (per una spesa complessiva di 17 miliardi di euro); sei su dieci visite specialistiche (circa 7,5 miliardi di euro); quattro su dieci prestazioni odontoiatriche (per oltre 8 miliardi di euro); oltre cinque su dieci  prestazioni diagnostiche ed analisi di laboratorio (per poco meno di 3,8 miliardi di euro.

 “In questo contesto, diversamente da quanto si vorrebbe far credere”, sottolinea Vecchietti, l’assenza di una sanità integrativa strutturata come “Secondo pilastro sanitario” non preserva affatto l’universalismo e l’uguaglianza del sistema sanitario del nostro paese, ma anzi mette i cittadini nella condizione di poter accedere alle cure solo in ragione della propria capacità reddituale. Per l’effettiva tutela della salute, che da sempre è uno dei beni di maggior importanza per tutti i cittadini, è ormai indifferibile l’avvio anche in sanità di un Secondo pilastro, per tutti i cittadini o per tutti coloro che dichiarano un reddito imponibile, come già avvenuto in campo pensionistico.

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