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15/06/2020 QUALE ASSICURAZIONE PER IL DOPO-COVID?

Anche agenti e broker, come è accaduto per tutte le altre categorie professionali, saranno esposti a vari rischi conseguenti al Covid, come le incertezze dal lato normativo o contrattuale e il possibile aumento dei contenziosi. Ma gli intermediari tradizionali, grazie alla fiducia di cui godono fra i clienti, potrebbero anche imporsi come punto di riferimento per il sistema assicurativo.

Di questo si è parlato nel coeso dell'incontro Covid-19 e intermediari: responsabilità e opportunità, organizzato on line dal Cesia, Centro studi intermediazioni assicurativa costituito da Cgpa Europe.

 

Più contenzioso

Alcune domande su tutte: se non è stata effettuata la consulenza all’assicurato sulla situazione provocata dal coronavirus, si possono profilare responsabilità per l'agente o il broker? Se l'intermediario non ha consigliato al cliente di estendere la copertura in caso di pandemia, può essere accusato di negligenza? Prima della crisi, sul mercato c'erano prodotti adatti a coprire l'ipotesi di un contagio? E gli assicurati l'avrebbero acquistata?

The answer, my friend, is blowing in the wind, direbbe Bob Dylan. In altri termini, non è possibile rispondere in maniera esatta a tutte le domande. Perché, si sa, i contratti lasciano spazio all'interpretazione. I contenziosi, quindi, sono inevitabili. "Nei confronti sia degli intermediari, sia delle compagnie", ha detto Andrea Dalla Villa, responsabile sinistri di Cgpa Europe, proprio a causa della scarsa chiarezza dei contratti. Ma anche dalla consulenza insufficiente che gli assicurati potrebbero aver ricevuto (almeno, secondo le opinioni di chi deciderà di ricorrere a vie legali).

 

Perdita di ricavi

Ma c'è altro. Un problema sul tavolo è infatti l’indennizzo alle aziende per la perdita di ricavi. Copertura che, di solito, scatta con la perdita o il danneggiamento dei beni che provocano lo stop alla produzione. Anche perché l'offerta assicurativa attuale pone paletti precisi: il 95% delle polizze per l'interruzione di attività oggi attive, ha ricordato Della Villa, non copre il danno indiretto (quello che dipende da fattori esterni all’impresa), e il 5% che resta ha un ambito limitato.

Anche perché assicurare tutto costa. E molto. Prima del Covid, in Gran Bretagna, le polizze che coprivano la pandemia c'erano e come – ma pochi le hanno sottoscritte, proprio per le tariffe elevate. Insomma, non tutti sono gli organizzatori del torneo di Wimbledon, che hanno potuto annullare la competizione regina del tennis pagando un premio assicurativo anti-virus di 1,6 milioni l'anno, incassando dall'assicurazione 100 milioni per la cancellazione (anche se, si osserva, i ricavi legati a ogni slam sull'erba rasenta i 260 milioni).

Non tutti gli imprenditori hanno dunque acquistato queste costosissime polizze. E in alcuni casi hanno avviato un'azione di responsabilità verso il broker, per non aver consigliato di inserire il danno indiretto, anche senza necessità di coprire quello diretto. Stesso discorso per quanto riguarda qualsiiasi altro player del settore. "Nelle scorse settimane", ha detto Della Villa, "sono state avviate contro i Lloyd’s e altri assicuratori cinque class action per il riconoscimento dell’indennizzo del danno indiretto subìto a causa del Covid-19".

In Baviera, invece, il mondo della polizza ha messo le mani avanti: gli assicuratori si sono detti disponibili a indennizzare la business interruption per il 10%-15% di quanto previsto per il danno diretto, con un periodo di indennizzo fino a 30 giorni. "Ma questo impegno è stato ritenuto insufficiente: ci sono forti pressioni politiche per spingere gli assicuratori a fare la loro parte", ha dettoo Della Villa.

In Francia, "Axa ha respinto la richiesta di risarcimento del gruppo Eclore (ristorazione di lusso) basata su una polizza che non prevedeva il danno diretto come condizione necessaria all’indennizzo di quello indiretto", ha detto Della Villa, ma il tribunale commerciale di Parigi "ha accolto la domanda dell’assicurato e ordinato un indennizzo provvisorio in attesa della quantificazione definitiva". Avrebbe dovuto essere Axa, hanno detto i giudici, a dover inserire specifiche clausole per escludere l’operatività della garanzia in caso di eventi come la pandemia: non avendolo fatto, non poteva invocare un principio (rischio non assicurabile per mancanza di mutualizzazione) che non è stato tradotto in una clausola contrattuale. Altri assicurati", ha proseguito Della Villa, "utilizzeranno questa decisione nei confronti degli assicuratori che rifiuteranno l’indennizzo del danno indiretto".

 

Infortuni sul lavoro

E in Italia? In Italia le controversie sono legate alla legge n. 27/2020, che ha introdotto la copertura Inail per chi si contagia sul lavoro - con onere della prova a carico dell’assicurato, a eccezione di alcune categorie professionali ad alto rischio. Va da sé che dimostrare di essere stati infettati in servizio è difficile. L'Inail, da parte sua, ha precisato che “il datore di lavoro risponde penalmente e civilmente delle infezioni di origine professionale solo se viene accertata la propria responsabilità per dolo o per colpa”, cioè se non ha rispettato le norme antinfortunistiche.

 

Le "grida" dell'Eiopa

Che cosa fanno le autorità di vigilanza? L'Eiopa ha diffuso alcune indicazioni, che però "non sono vincolanti", ha detto Pier Paolo Marano, componente del comitato scientifico del Cesia, "e il loro mancato rispetto non è sanzionabile".

Non per niente, l'Ivass ha recepito solo alcune di queste indicazioni. Per esempio, l'obbligo di "informare la clientela in modo chiaro e tempestivo sulle misure organizzative adottate da compagnie e intermediari per garantire la continuità del servizio", oppure l'indicazione di tenere conto della difficoltà, da parte dei clienti, di adempiere alle attività previste dal contratti in epoca di lockdown.

 

L'impatto sui rami danni

Ciò che è certo è che ci sarà un "prima" e un "dopo" Covid. Anche nell’’offerta danni. "Per i prodotti "vecchi", come le polizze di business interruption, quelle relative alle spese mediche e la Rco, ha commentato Sara Landini, componente del comitato scientifico del Cesia, "le compagnie potrebbero non indennizzare gli assicurati: l'articolo 1912 del codice civile esclude gli eventi catastrofali. Questo rischio non è tecnicamente assicurabile, a meno che la compagnia non l’abbia assunto volontariamente".

Altri problemi potrebbero scaturire da una chiara esclusione se si riporta il contenuto dell’articolo 1912 "deve essere considerato tassativo o esemplificativo?". In altre parole, "si potrebbe sostenere che la mancata indicazione del rischio pandemia tra le esclusioni potrebbe rendere il contratto operativo".

Anche i prodotti nuovi hanno però i loro problemi: "Le compagnie stanno emettendo una serie di polizze Covid che presentano diverse esclusioni, legate ad altre possibili problematiche di salute del cliente, che di fatto non coprono le conseguenze provenienti dal contagio. In questo caso, con un prodotto nuovo, ci si potrebbe trovare di fronte a problemi vecchi, come l’adeguatezza del prodotto alle esigenze del cliente".

Altro problema: "Alcune compagnie hanno iniziato a offrire polizze Covid concentrandosi sull’assistenza al paziente. Queste offerte sono gratuite fino ad agosto; poi per sottoscriverle bisognerà versare un premio. In questo caso, trattandosi di una distribuzione diretta delle compagnie, gli intermediari non sono coinvolti".

 

Una nuova percezione del rischio

La tragedia-Covid ha però cambiato anche la percezione del rischio nell'assicurato. Secondo Massimo Michaud, coordinatore del Cesia, il coronavirus renderà la gente più sensibile ai pericoli. "La pandemia ha rivelato che la società non ha capacità di difendersi e reagire alle avversità, evidenza che ha generato una maggiore attenzione ai rischi e una tendenza a trasferirli sul settore assicurativo. Negli Stati Uniti, per esempio, dopo l’inizio della pandemia le ricerche sulle assicurazioni vita condotte attraverso Google sono aumentate del 50%".

Questo significa che alcune polizze saranno più ricercate: prima fra tutte, la copertura dei danni indiretti, di cui si è già ampiamente parlato, ma anche la business continuity, il D&O e le coperture delle spese sanitarie. Si svilupperà, inoltre, la ricerca di servizi a distanza (come la telemedicina), molto diffuso durante la crisi. "Nelle imprese, inoltre, si dovrà porre maggiore attenzione alla cyber security e alla sicurezza dei dipendenti sul luogo di lavoro con un impatto conseguente sulle garanzie Rco", ha sottolineato Michaud.

Per non parlare della digitalizzazione: "fino a qualche tempo si considerava impossibile anche solo pensare alla possibilità di vendere a distanza, ma ora alcune società di servizi hanno iniziato con successo incontri in remoto, segnalando la possibilità di superare pregiudizi consolidati".

Le tecnologie digitali restano, in ogni caso, "solo un fattore abilitante: a fare la differenza sarà la capacità di cogliere le opportunità. Per restare al centro del sistema distributivo, gli intermediari assicurativi dovranno non solo offrire prodotti come le polizze a copertura della business interruption o del cyber risk, ma soprattutto offrire consulenza qualificata combinando attività a distanza e in presenza".

https://www.cgpa-europe.com