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  • Maria Bianca Farina

06/10/2020 FARINA: "EDUCAZIONE FINANZIARIA PER FRONTEGGIARE GLI IMPREVISTI"

La crisi innescata dal Covid-19 ha evidenziato "l’importanza dell’educazione finanziaria e assicurativa per rafforzare la resilienza delle persone, delle famiglie, dell’intero paese". Ma il percorso è "ancora lungo", a causa del "persistere di un education gap". Lo ha affermato Maria Bianca Farina (nella foto), nel suo intervento al dibattito organizzato dal Forum Ania Consumatori, in collaborazione con l’Ivass, nell’ambito del Mese dell’educazione finanziaria promosso dal Comitato Nazionale Edufin.

 

Conoscere per reagire

Il presidente dell'Ania ha citato un'indagine commissionata proprio da questa struttura istituzionale alla Doxa e svolta tra maggio e giugno, cioè appena dopo il periodo più caldo dell'emergenza coronavirus. La ricerca rivela  "disporre di solide conoscenze finanziarie può fare la differenza: il 49,5% di coloro che dichiarano di possederle sarebbe capace di affrontare una spesa improvvisa dell’entità indicata, contro il 27,7% del campione meno alfabetizzato.

Si tratta, ha detto Maria Bianca Farina, "di risultati che confermano in modo chiaro la stretta correlazione tra alfabetizzazione finanziaria e capacità di far fronte a momenti di crisi e di difficoltà". Una caratteristica che serve come il pane, se è vero che, prosegue Farina, "è aumentata significativamente la percentuale di famiglie che dichiarano di arrivare con difficoltà alla fine del mese: se prima della pandemia erano pari al 46%, adesso si attestano al 58%". Mentre emerge "una difficoltà generalizzata a far fronte a spese improvvise di media entità e che tale difficoltà è particolarmente accentuata tra i giovani, le donne, i residenti al sud".

 

Problemi strutturali

Educazione finanziaria e assicurativa, insomma, come armi per fronteggiare gli eventuali cigni neri che su dovessero presentare all'orizzonte. Ma non solo. Far crescere le proprie conoscenze in materia ha anche esigenze di tipo strutturale, spesso amplificate dalla pandemia, ma preesistenti all'emergenza. Prima di tutto, "l’invecchiamento della popolazione e la bassa natalità, aspetti che condizionano profondamente le scelte di ognuno di noi in relazione al risparmio, alla previdenza, alla gestione dei rischi".

Poi, i cambiamenti nel mercato del lavoro, accentuati dall’improvviso manifestarsi della pandemia (ma già presenti, ndr). L’ampio ricorso al lavoro da remoto ha accelerato una tendenza già in atto, che si è andata ad aggiungere ad altri trend quali la flessibilità lavorativa, il crescente utilizzo della tecnologia, il nuovo sistema previdenziale. Si tratta di elementi che impongono una programmazione differente rispetto al passato ed evidenziano la necessità di predisporre piani e strumenti adeguati che assicurino al cittadino maggiore tranquillità per il futuro".

Senza dimenticare "l’evoluzione tecnologica, che consente anch’essa una maggiore facilità di accesso ai mercati e amplia enormemente la gamma di servizi disponibili, ma che può avere anche effetti distorsivi sui processi decisionali dei consumatori, per esempio inducendo un eccessivo orientamento verso il breve termine o facilitando comportamenti impulsivi".

Infine, "l’emergere di rischi nuovi e inattesi, che evidenziano la necessità di disporre di strumenti e conoscenze idonei a fronteggiarli. Su tutti, ovviamente, il rischio pandemico, ma non vanno trascurati" quelli "connnessi al cambiamento climatico, purtroppo in forte crescita, o quelli derivanti dal sempre più ampio utilizzo della tecnologia (cyber risk). L’impegno delle istituzioni europee nel promuovere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, inoltre, è destinato ad accrescere l’importanza di compiere scelte finanziarie ben ponderate anche con riguardo ai profili di sostenibilità".

Di fronte a uno scenario in così rapida evoluzione, ha proseguito, serve "una capacità diffusa di gestire i rischi. Quasi 20 anni fa, Robert Shiller, poi premio Nobel per l’economia, parlò di “risk management for the masses”, ossia una gestione efficiente dei rischi non più confinata nel mondo degli specialisti, ma diffusa tra la popolazione per fronteggiare con successo le sfide del futuro. Questo è un punto centrale. La cultura del rischio è diventata, e lo sarà ancora di più in futuro, cruciale. È un fattore in grado di aumentare la resilienza delle famiglie, con effetti sociali positivi, soprattutto sulle fasce deboli".

 

Italia nelle retrovie

In Italia, tuttavia, non ci siamo ancora. Il presidente dell'Ania ricorda che due indagini relegano il belpaese nelle retrovie, sia in Europa sia in ambito Ocse; inoltre l'Italia "ha una maggiore quota di persone con bassi livelli di istruzione" e "anche per l’educazione assicurativa c’è ancora moltissimo da fare", mentre "con una ricchezza delle famiglie di 4.445 miliardi di euro (dato 2019) è ancora ridotta la diffusione della previdenza complementare (meno di un lavoratore su tre partecipa al sistema; con riguardo ai più giovani – con meno di 35 anni –, il tasso di partecipazione si riduce a uno su cinque)".

E la situazione non è rosea neppure per l'assicurazione degli immobili: in Italia, "paese europeo più esposto al rischio di terremoti e alluvioni", l'80% delle famiglie ha una casa di proprietà; "eppure, solo il 48% delle unità abitative è coperto da una polizza assicurativa contro l’incendio. Se poi si considerano le coperture catastrofali, la situazione è ancora più grave: nonostante quasi l’80% delle abitazioni sia esposto a un rischio significativo di calamità naturali di vario tipo, solo il 4,5%" è protetto "da una polizza contro questi eventi".

E allora? Allora, per colpare il protection gap, "fattore di debolezza per l’intero sistema paese", bisogna "cercare di ridurre l’altro non meno importante divario, ovvero l’education gap".

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