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  • Maurizio Taglietti

15/01/2020 TAGLIETTI (METLIFE): "PAY PER USE? SÌ, MA..."

Dopo aver portato una boccata d'acqua fresca nella Rc auto, ora le polizze pay per use sono pronte per prendere piede anche in altri rami assicurativi. Rivoluzionando il settore. Finora, secondo l'analisi Ivass del secondo semestre 2018, questa attività si è già affermata in altri comparti, sia auto (copertura delle persone che utilizzano il car sharing), sia non auto (attività sportive invernali o animali domestici). E facilmante proseguirà la sua corsa.

Qual è l'impatto che il nuovo business può produrre sul settore? E quali le opportunità e gli eventuali rischi? A rispondere, Maurizio Taglietti (nella foto), general manager di Metlife in Italia in un contributo diffuso oggi. "Facendo un veloce bilancio", afferma, "le potenzialità delle assicurazioni pay per use sono innegabili, da un punto di vista sia commerciale, sia corporate. Caratteristica peculiare di questa tipologia di coperture è infatti quella di adattarsi alla perfezione ai bisogni dei clienti. Si attivano solo quando se ne ha realmente bisogno (qualche giorno prima di partire per un viaggio), coprono una limitata tipologia di rischi (per esempio gli infortuni causati dall’attività sciistica) e “accorciano la filiera”, attivando un rapporto diretto tra compagnia assicurativa e assicurato. Questo ultimo aspetto, in particolare, potrebbe avere ricadute positive anche in chiave di reputazione, sull’opinione che gli utenti maturano rispetto alle compagnie assicurative. Un consumatore che sceglie consapevolmente e in autonomia la propria polizza, dopo avere magari confrontato più prodotti, risulta tendenzialmente più soddisfatto e non rischia di avere sorprese nel momento in cui ha effettivamente bisogno dell’intervento della compagnia assicurativa".

Ma non tutto, almeno per Taglietti, è positivo. "C’è un rovescio della medaglia, che a mio avviso va considerato", affrma il general manager di Metlife in Italia. Il rischio è che l'assicurato "si focalizzi troppo su rischi considerati “minori” e minimizzi in un certo senso il ruolo consulenziale delle compagnie assicurative e dei rispettivi intermediari, anche per ragioni di convenienza economica. Acquistare una copertura limitata al solo momento del bisogno percepito può sembrare più conveniente dal punto di vista della spesa nell'immediato, ma non sempre corrisponde a una valutazione corretta del rischio. Le statistiche sono lì a ricordarci che gli infortuni domestici creano molti più problemi al portafoglio rispetto a quelli legati ai viaggi e alla mobilità in generale. Un incidente casalingo che ci costringe a lunghi periodi di inattività lavorativa genera mancati guadagni, spese mediche elevate, bilanci familiari sotto stress, il ricorso a collaboratori domestici, eccetera".

Prosegue Taglietti: "In uno scenario che muta con la velocità dell’innovazione tecnologica – e che genera un consumatore veloce e frenetico, a tratti superficiale – credo che una fra le nuove (e urgenti) sfide per le compagnie sia quella di diffondere una cultura assicurativa mirata sulla percezione dei rischi considerati “più seri” ed economicamente rilevanti. Oltre al tema degli infortuni, una famiglia oggi può incontrare grandi difficoltà nel riprogrammare un nuovo equilibrio finanziario non solo a causa di una malattia o di un decesso familiare, ma anche per un licenziamento improvviso che avviene in una fase delicata economicamente, come, per esempio, quando si è acceso un mutuo per acquistare casa. Nel nostro ambito, chi si rapporta col cliente deve sentirsi investito di questa nuova responsabilità: quella di cioè di aiutare con energia le persone a immaginare nei dettagli le diverse ipotesi di futuro legate a stili di vita, obiettivi e priorità personali e collettive. I nostri intermediari devono studiare bene il contesto sociale dove operano, muovendosi con proattività verso le reali esigenze del cliente e guidarlo verso la consapevolezza del bisogno effettivo. Solo così si può operare un cambiamento culturale che permetta di uscire da quella “distorsione” di cui parlavo prima, dove il focus è tutto sbilanciato verso ipotesi di rischio marginali. Per aumentare la reputazione di una compagnia, non basta portare a casa l’obiettivo minimo. Occorre saper alzare la testa e guardare lontano: quella visione andrà condivisa con empatia e trasferita con sincerità e competenza".

Alberto Mazza

https://www.metlife.it