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  • Ricerca Unisalute

20/02/2020 RICERCA NOMISMA-UNISALUTE: STILI DI VITA SANI, MA NON TROPPO

In Italia si mangia bene. Troppo. Così apriva, molti anni fa, uno spot pubblicitario in onda sulle reti nazionali. Un "troppo" che sapeva molto di doppio senso: riferito alla qualità del cibo ("si mangia troppo bene"), ma anche alla quantità dei nostri pasti ("si mangia troppo").

E questo non sempre è un bene per la salute. Perché nutrirsi in maniera smodata, con il tempo, può danneggiare il nostro corpo, e facilitare l'insorgere di patologie. Anche gravi.

Proprio per indagare se le persone hanno un approccio corretto con la tavola, ma anche con la cura del loro corpo, Unisalute ha commissionato una ricerca a Nomisma. E questo è il risultato: solo un italiano su tre (il 32%, per la precisione) adotta stili di vita virtuosi. E cioè: si nutre in modo corretto, fa sport (o almeno si tiene in movimento con una certa regolarità) e va dal medico con regolarità, chiedendo visite, controlli ed esami.

 

STAI (ANCHE) COME MANGI
La ricerca, intitolata Osservatorio prevenzione & salute e presentata ieri a Milano, ha individuato tre aree di indagine: abitudini alimentari, attività fisica, stili di vita e prevenzione. Nel primo caso, si è osservato che la dieta mediterranea è ancora la più gettonata: gli italiani non rinunciano alla frutta (mangiata più volte al giorno dal 40% degli intervistati) e alla verdura (39% chi la consuma più volte al giorno). Positivo, certo, ma "ancora a livelli non adeguati", ha detto Silvia Zucconi, responsabile market intelligence di Nomisma.

Insufficienti, è stato osservato, i consumi di pesce e di latte. In ogni caso, ha affermato il divulgatore scientifico Marco Bianchi, i dati promuovono gli italiani ("se dovessi dare un voto, opterei per un sette e mezzo"). E li promuovono soprattutto quando non mangiano tra le mura domestiche. Perché, ha osservato, "spesso, siamo più "bravi" fuori casa, dove abbiamo maggiore possibilità di scelta; quando cuciniamo noi, invece, tendiamo a prestare meno attenzione. Almeno fino a quando non nascono figli: in questo caso, tutta la cura riversata sui bambini si riflette anche sui genitori".

A questo punto un chiarimento è d'obbligo: le diete vegane fanno male? "No, non necessariamente", risponde Francesco Tonelli, professore emerito di Chirurgia generale dell’università di Firenze, "ma per un regime alimentare di questo tipo occorre un'attenzione particolare. Quindi sì, si può anche optare per una dieta vegana, ma questa deve essere condotta sotto controllo medico".

Ma a quali ingredienti proprio non vogliamo rinunciare? Al primo posto (64%) si piazza l'olio d'oliva, seguito dalle verdure di stagione (53%); seguono sale (25%) e caffè (18%).

Insomma, proprio così male non siamo messi, anche perché, osserva Giovanna Gigliotti, amministratore delegato di Unisalute, "siamo uno dei popoli più longevi al mondo" (l'aspettativa di vita è di 83,1 anni, contro la media Ue di 80,9). E, anche se solo il 30% considera il cibo un modo per mantenersi in salute (contro lo 68% che lo vede come una soddisfazione e un piacere), gli italiani si preoccupano della cattiva alimentazione: il 32% la collega all'obesità e il 21% a tumori ("che però è un problema mondiale", puntualizza Tonelli, "che dovrebbe essere affrontato dalle istituzioni sanitarie, e anche da quelle politiche"). Seguono ipercolesterolemia (16%), problemi circolatori (15%), diabete (11%) e problemi di fegato (4%; le risposte possibile sono multiple, ma è stata considerata solo quella indicata come principale). Solo l'1% ignora le conseguenze negative di un'alimentazione squilibrata.

Tra le abitudini sbagliate, anche un consumo insufficiente di acqua (il 42% ne beve solo da mezzo a un litro al giorno, e il 9% ancora di meno) e l'abitudine di non fare colazione (11%: l'8% beve solo un caffè o un tè e il 3% non assume neppure quelli).

 

GENETICA O STILE DI VITA?

Oltre all'alimentazione, c'è anche il movimento, necessario per avere uno stile sano di vita. E anche qui potremmo migliorare: soltanto il 28% pratica uno sport in maniera continuativa, il 47% lo fa occasionalmente, mentre uno su quattro vive in modo sedentario. Eppure, è stato evidenziato, per stare meglio basterebbe anche camminare, percorrere quei 10.000 passi al giorno (circa 7 chilometri) che sono considerati il minimo sindacale.

E i controlli medici? Chi fa una vita sana è più propenso a andare dal dottore (38%) di chi si alimenta male e non fa movimento (25%).

Gli stili di vita incidono, quindi, sulle malattie. Ma quanto pesano? E quanto, invece, è importante la genetica? "Nella maggior parte dei casi, nessuna delle due componenti, da sola, è determinante", ha risposto Daniela Turchetti, professore associato di Genetica medica all'università di Bologna. "La maggioranza delle malattie è, invece, multifattoriale. Cioè una combinazione di cause ereditarie, comportamentali e ambientali".

Conoscere i fattori genetici può essere d'aiuto? "Sì, può esserlo", dice la docente dell'ateneo felsineo. "Ma attenzione", avverte: "se vogliamo ricorrere a test genetici, dobbiamo rivolgerci verso quelli scientificamente validi, e non ai tanti "da banco", che non hanno alcuna pretesa di esattezza. Piuttosto, meglio affidarsi alla storia familiare".

Unisalute, nei prossimi mesi, presenterà un nuovo osservatorio, questa volta sugli anziani (sotto indagine fenomeni di invecchiamento, domiciliarità, non autosufficienza, cronicità e telemonitoraggio) e un focus sull'obesità infantile.

Enrico Levaggi

https://www.unisalute.it

Da sinistra a destra: Marco Bianchi, Francesco Tonelli, Giovanna Gigliotti, Daniela Turchetti e Silvia Zucconi nel corso della presentazione della ricerca