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  • Convegno Tutela Legale

06/11/2019 DIGITALE: RIVOLUZIONE O EVOLUZIONE?

Della "rivoluzione digitale" si sente parlare ogni giorno, in tutte le salse. Fino a che punto questo termine ha senso nel mondo assicurativo? E quanto, invece, sarebbe meglio riferirsi ai cambiamenti indotti dalla tecnologia con la parola "evoluzione, meno disruptive e più "graduale"?

Se ne è parlato in un dibattito organizzato nell'ambito della decima convention di Tutela Legale spa, intitolata Il futuro è passato e svoltasi oggi a Milano alla presenza di circa 200 agenti.

In quali casi, dunque, ci si può riferire alla rivoluzione digitale nel mondo assicurativo? "Ne sentiamo parlare da almeno dieci anni", esordisce Claudio Demozzi, presidente dello Sna. "Per alcune compagnie era così scontata da farci credere che entro qualche mese avremmo dovuto rivoluzionare il nostro sistema agenziale per non perdere il "Frecciarossa" che stava passando. Dopo dieci anni, si può dire che i cambiamenti ci sono stati, ma molto più lenti. Il termine evoluzione", precisa il leader sindacale, "mi piace moltio di piu. Crea uno scenario in cui le compagnie capiscono di vivere la tecnologia in modo evolutivo e non rivoluzionario".

"Associo maggiormente il termine rivoluzione con scoperta, con una situazione dove c'è qualche cosa che ci fa fare un salto", aggiunge Flavio Fidani, ceo di Pwc Actuarial services. "Mentre l'evoluzione è il modo in cui noi, nel nostro know how complessivo, utilizziamo questa scoperta nella vita di tutti i giorni".

Mercato stagnante Tutto questo mentre il mercato assicurativo è stagnante, indipendentemente dal suo coinvolgimento nella rivoluzione (o nell'evoluzione) digitale. "Gli ultimi due anni hanno fatto registrare un'inversione di tendenza", dice Giovanni Grava, ceo di Tutela Legale spa, "ma la quantità di premi assicurativi che l'ultimo decennio ha lasciato sul terreno è enorme. E la condizione del mercato è assolutamente critica. Parlamo per esempio di Rc auto, che pure è un ramo obbligatorio. Bene: nel 2018, 2,7 milioni di veicoli erano sprovvisti della copertura. Vale a dire, il 6% delle vetture circolanti. Passiamo ai corpi veicoli terrestri, che è il comparto più vicino alla Rca. I dati 2017 ci rivelano che abbiamo una penetrazione di furto e incendio del 30%. Cioè: il 70% non sottoscrive queste coperture. Per non parlare delle polizze dedicate alle abitazioni: i dati Ania ci mostrano che c'è addirittura un decremento. A marzo 2019, solo 8 milioni di case su 31 sono assicurate. Di qui, si capisce che ci s trova di fronte a una sottoassicurazione preoccupante".

Qual è il motivo? "Si dice che gli italiani non si assicurino perché non hanno risparmi da destinare", risponde Grava. "Però - come ha ricordato Fabio Panetta, presidente dell'Ivass - nel 2018 hanno speso 107 miliardi in giochi e lotterie". Quindi, in teoria, i soldi ci sono.

Relazione da costruire E allora? Perché il mercato non cresce? "Perché il livello e la qualità della relazione con il cliente sono estremamente scadenti", dice Demozzi. "E questo accade perché le compagnie hanno voluto che fosse così. Se un cliente ha un'auto assicurata con noi e chiede anche una Rc professionale, non è detto che l'agente gliela possa sottoscrivere: se è monomandatario e la sua compagnia non tratta il ramo, deve dirgli di rivolgersi altrove. Nello stesso modo, se l'assicurato vuole sottoscrivere una polizza salute, ma ha un problemino, alla compagnia non interessa. E ancora: lo stato prevede agevolazioni fiscali su polizze catastrofali, ma se l'assicurato vive vicino a un fiume che è esondato 500 anni fa, non possiamo stipulare la polizza. Se il mercato è questo, come fa a crescere? E' stata sfruttata solo la Rc auto obbligatoria, e neanche quella, dato che non si è stati capaci neppure di lanciare la kasko. Sembra aderente alla realtà quella barzelletta, secondo cui noi assicuriamo case che non bruceranno mai, o auto che non avranno mai incidenti. Questo è il motivo per cui mercato stenta a crescere", ribadisce Demozzi, anche se, aggiunge, "qualche eccezone c'è".

Mettersi in gioco Secondo Grava, a smuovere la situazione potrebbe essere la crescita della concorrenza. Cioè un'inversione di tendenza rispetto all'altissima concentrazione del mercato assicurativo danni. "Sarebbe uno sprone per tutte le compagnie, un vero stimolo per uscire dal seminato e raggiungere un livello più alto. Il nostro mondo è invece fortemente contrario alla concorrenza: si vuole sfruttare le rendite di posizione e vendere commodity".

La ricetta per cambiare le cose? "Avere compagnie e intermediari evoluti", sostiene Grava. "E per arrivarci sono necessari due interventi. Primo, essere disposti a imparare, studiare, investire in conoscenza, elevare la qualità del capitale umano. La seconda, aver voglia di fare, di rimboccarsi le maniche. Non serve tempo: possiamo farlo anche adesso. Da subito. Molte situazioni che identifichiamo come problematiche, dipendono dalla nostra disponibilità a metterci in discussione".

Alberto Mazza

https://www.tutelalegalespa.it

Nella foto, da sinistra a destra, Claudio Demozzi, presidente dello Sna; Flavio Fidani, ceo di Pwc Actuarial services​; Giovanni Grava, ceo di tutela Legale spa